Le organizzazioni senza scopo di lucro, tra cui le associazioni, hanno la possibilità di esercitare attività commerciali, ovvero quelle generalmente associate alle aziende, e per le quali si applicano le leggi fiscali riguardanti tutti i profitti aziendali. Infatti, essere formalmente riconosciuti come un’associazione non esonera automaticamente da dover rispondere ai requisiti fiscali associati alle attività commerciali.

Associazioni animaliste: guida completa

Attività commerciale e associazioni no profit. Guida completa alla comprensione e alla gestione delle attività commerciale degli ETS.

Un’attività commerciale è definita come un servizio a pagamento per i membri che non rientra nelle finalità delineate dallo statuto dell’organizzazione (ad esempio, un’associazione musicale che organizza un corso di cucina), tutti i servizi a pagamento offerti a non membri, i proventi derivanti da sponsorizzazioni o pubblicità, e tutte le attività svolte tramite un’organizzazione di tipo imprenditoriale. Sono considerate commerciali per definizione, indipendentemente dal destinatario (membro o non), le attività come: vendita di prodotti nuovi, fornitura di pasti, alloggio, trasporto e deposito, gestione di mense e spacci, organizzazione di viaggi e vacanze, fiere e mostre a carattere commerciale, pubblicità commerciali, produzione di beni o servizi.

Definizione di attività commerciale.

Sono considerate attività commerciali, escluse dal regime di esenzione fiscale per le attività non commerciali, tutte le attività a pagamento svolte verso i membri che non siano relative alla realizzazione degli scopi associativi (ad esempio, un’associazione gastronomica che organizza corsi di informatica), tutte le attività a pagamento svolte verso terzi non membri, i proventi da pubblicità o sponsorizzazioni, tutti i proventi (indipendentemente se ricevuti da membri o non) relativi alla vendita di beni nuovi, fornitura di pasti, servizio di trasporto e alloggio, organizzazione di viaggi e produzione di beni.

Come si presenta l’attività commerciale svolta da un’ETS?

Relativamente all’attività commerciale, si possono individuare due scenari:

  • L’associazione svolge attività commerciale marginalmente, per completare l’attività rivolta ai membri. In tal caso, l’attività commerciale non è tra le finalità dell’associazione e non esaurisce le sue operazioni. In questa situazione, l’associazione resta un’entità non commerciale. È però cruciale che i guadagni generati dall’attività commerciale non siano mai superiori a quelli derivanti dall’attività istituzionale verso i membri. Per tali attività sarà comunque necessario mantenere una corretta contabilità, e nel caso di attività commerciale non sporadica, sarà necessario aprire un numero di Partita IVA. Inoltre, è richiesta la separazione tra contabilità dell’attività commerciale e quella non commerciale. Il trattamento fiscale di questi proventi seguirà il regime fiscale di favore stabilito dalla legge 16 dicembre 1991, n. 389, valido per le organizzazioni che hanno guadagnato da attività commerciali non più di 400.000,00 euro per anno fiscale.
  • L’associazione svolge abitualmente attività commerciali professionalmente, e i profitti di tali attività superano quelli derivati dall’attività rivolta ai membri. In questo caso, l’associazione perde la caratteristica della non commercialità e viene considerata, ai fini fiscali, un’impresa in tutto e per tutto. Tutte le sue attività sono soggette al regime fiscale aziendale, con l’obbligo di tenere le registrazioni contabili ordinarie e di preparare il bilancio ordinario.

In linea di massima, l’organizzazione perde la sua classificazione di non commerciale se esercita prevalentemente attività commerciali per un intero anno fiscale.

Quali sono i presupposti per far perdere la classificazione di non commerciale di un’Associazione?

I criteri indicativi per la perdita della classificazione di attività non commerciale a carico di un Associazione sono:

  • Preponderanza degli immobilizzati inerenti all’attività commerciale rispetto alle altre attività.
  • Superiorità dei ricavi commerciali rispetto al valore delle cessioni e delle prestazioni riguardanti l’attività istituzionale verso i membri.
  • Superiorità dei profitti derivanti dall’attività commerciale rispetto alle entrate istituzionali.
  • Superiorità delle spese negative relative all’attività commerciale rispetto alle altre spese.

Quali associazioni possono esercitare, senza rischi, un’attività commerciale?

L’unica eccezione a queste regole riguarda le associazioni sportive dilettantistiche, che possono esercitare attività commerciali anche in modo prevalente. Esiste inoltre la disciplina fiscale speciale delle ONLUS che possono svolgere solo le attività di utilità sociale previste dal d.lgs. 1997 n.470. In questo contesto, possono essere svolte delle attività connesse, ovvero complementari alle attività principali svolte dalla ONLUS, di solito fatte per finanziare l’organizzazione.

L’esercizio delle attività connesse è consentito a patto che, in ciascun esercizio e nell’ambito di ciascuno dei settori elencati, le stesse non siano prevalenti rispetto a quelle istituzionali, e che i relativi profitti non superino il 66 per cento delle spese totali dell’organizzazione. Diversamente, l’organizzazione perde la qualifica di ONLUS e i relativi benefici fiscali.

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